Probabilmente non tutti sanno che i primi software engineer erano donne e che poi gli uomini hanno cominciato a reclamare per sé il campo della programmazione: in questo approfondimento, raccontiamo il ruolo che le donne hanno avuto nel settore dell’informatica passando al vaglio le tappe più importanti.
Le donne software engineer: la programmazione agli albori
La storia delle Computer Science ha inizio con Ada Lovelace, matematica inglese figlia di Lord Byron che è oggi considerata la prima programmatrice della storia.
Qual è stato il suo contributo? Qualcosa di non poco conto.
Nel 1843 la Lovelace ha infatti elaborato il primo algoritmo strutturato per essere eseguito da un cervello meccanico illustrandone l’ipotetico funzionamento all’interno della leggendaria Macchina di Babbage, un motore analitico la cui costruzione non è poi mai stata portata a termine, ma la cui influenza è ancora presente nei moderni pc.
Le donne software engineer: l’informatica durante la seconda guerra mondiale
Nel corso della seconda guerra mondiale, sono state tantissime le figure femminili a distinguersi nell’ambito della programmazione di software.
Nel 1942, l’attrice cinematografica Hedy Lamarr ha messo a frutto gli studi di ingegneria mai portati a termine lavorando insieme a George Antheil al progetto conosciuto ai più come brevetto 2.292.387.
Purtroppo però questo studio sul frequency hopping è caduto a lungo nel dimenticatoio e solo dopo molto tempo è stato recuperato come fondamento della moderna tecnologia wi-fi.
Le donne software engineer: l’informatica dal post guerre mondiali ad oggi
Poco dopo la fine della seconda guerra mondiale, tra il 1945 e il 1946, un gruppo di sei donne guidate da Jean Bartik si è occupeto di codificare gran parte del software dell’ENIAC, il primo calcolatore general purpose della storia.
La storia purtroppo si ripete e, com’era già avvenuto per le altre donne che le hanno precedute, anche il team della Bartik non ha visto riconosciuti i propri sforzi, al punto da doversi adattare per lavorare in laboratori di fortuna, come aule deserte e saloni.
Il decennio successivo è stato caratterizzato da menti brillanti come quella di Grace Hopper, ammiraglio della marina statunitense con un dottorato in matematica a Yale, che si è occupata di stilare un codice di istruzioni basato sulla lingua Inglese.
Questo suo progetto è stato alla base di COBOL, un linguaggio di programmazione tuttora in uso.
Qualcosa è cambiata verso la fine del decennio quando gli uomini si sono resi conto che quello del programmatore di software poteva diventare un lavoro di prestigio e molto redditizio.
In questa fase, il marketing dell’industria dei software ha cominciato a scoraggiare l’assunzione di personale femminile per i lavori di programmazione.
Perfino i test attitudinali cominciano ad essere stilati con l’obiettivo di favorire i candidati maschi, fino a farne circolare di nascosto i risultati all’interno delle confraternite.
I dati sono evidenti: la percentuale di occupazione femminile nel mondo delle computer science tra gli anni ’60 e gli ’80 quasi si dimezza passando da circa il 50% a poco più del 35%.
Oggi la tendenza si sta per fortuna invertendo e da qualche anno ormai stiamo assistendo a una riscoperta dell’informatica e dei software da parte del genere femminile.
Tra i paesi europei, in Bulgaria c’è la più alta presenza di donne nel settore informatico di tutta l’Unione europea.
Il Paese si distingue per avere oltre il 30% delle posizioni occupato da donne: un risultato incoraggiante se comparato alla media europea del 16%.
Affinché possa parlarsi pienamente di parità di genere c’è ancora molto lavoro da fare e il punto di partenza per cominciare e far bene sono le scuole.
Solo cominciando dall’istruzione sarà possibile mettere in atto un cambio dei modelli di riferimento per le bambine e le ragazze.