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Professioni digitali: il futuro del luxury dopo la pandemia

lunedì, 10 Maggio 2021

Le professioni digitali sono sempre più diffuse e sono numerose le aziende che hanno provveduto o stanno provvedendo ad adeguare le proprie realtà alle nuove sfide del web, consapevoli del fatto che il retail plasmato dal Covid-19 è in piena trasformazione.

Secondo l’Altagamma Retail Insight, i confini fra online e offline stanno diventando sempre più labili quasi fino a svanire: una condizione che, tuttavia, avvantaggerebbe perlopiù i big.

Analisti ed esperti presenti all’evento hanno contribuito a delineare il profilo di questo nuovo universo dello shopping che ci catapulta in una dimensione digitale onnicomprensiva in cui l’esperienza di acquisto migliore avviene sia nelle boutique, sia sul divano di casa.

Professioni digitali: cos’è cambiato con il Covid

Il nuovo universo dello shopping risulta essere improntato sempre più sul concetto di “Onlife”.
Un’espressione che indica la situazione per cui i confini fra digitale e fisico sfumano fino a sparire e che contribuisce nella proliferazione delle professioni digitali.

La pandemia ha determinato uno spostamento degli acquisti online.
Una tendenza in atto da tempo ma che – come affermato da Luca Solca, Senior Research Analyst di Bernstein – ha fatto un salto di cinque anni in uno.

I dati sono evidenti: nel 2020, l’online valeva circa 50 miliardi di euro, con una quota sul totale delle vendite di alta gamma in crescita dal 12% del 2019 al 23% del 2020.

Professioni digitali: la sfida dei più piccoli

L’affermarsi delle professioni digitali va estremamente d’accordo con multibrand come Farfetch e Lyst, piattaforme presenti su scala globale con milioni di utenti che crescono grazie al rapporto diretto con i brand.

Un ruolo cruciale è quello del travel retail, evoluzione della classica distribuzione al dettaglio, che sfrutta spazi adibiti a scopi diversi da quelli del commercio in luoghi di incontro e di vendita, ad esempio gli aeroporti.

Ad agevolare il legame con i marchi vi sono anche le cosiddette e-concession, in base alle quali le piattaforme attingono direttamente allo stock dei brand, che ne restano in possesso, pagando loro una commissione.

Diversamente dai grandi marchi, i piccoli e medi non possiedono risorse anche finanziarie per siglare partnership con piattaforme simili.

Cosa dobbiamo aspettarci?

In un panorama sempre più competitivo e in cui le professioni digitali giocano un ruolo cruciale, la sfida per i più piccoli è quella di trovare il proprio posizionamento per essere rilevanti.

A tal fine, è davvero importante puntare sulla ricerca, sul servizio, sul rapporto con i clienti e l’incontro delle loro esigenze.

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