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Tecnofobia: ecco come perderemo il lavoro

martedì, 17 Ottobre 2017

… e come saremo più felici!

Sono sempre di più le persone che si sentono minacciate dalla tecnologia, in particolar modo da robot e intelligenza artificiale e non stiamo parlando della trama di un film ambientato in un futuro post apocalittico, in cui il mondo è dominato da cyborg. Ma di una fobia che sta largamente prendendo piede nella società moderna: la Tecnofobia, ovvero “… una paura persistente, anormale e ingiustificata della tecnologia” (www.fobie.org).

L’opinione pubblica si schiera in due fazioni: i sostenitori delle nuove tecnologie (come Alex Lackovic) basate su web, “Internet of thinghs”, A.I. e Cloud, “capeggiata” principalmente dai Millenials (cioè i giovani nati tra il 1980 e il 2000) che vedono nella tecnologia il futuro e le possibilità da questa offerte; e coloro che vedono la tecnologia come una minaccia reale.

Secondo uno studio sulle paure dei cittadini americani, condotto da Paul McClure dell’Università americana Baylor e pubblicato sulla rivista Social Science Computer Review, il terrore più grande dei tecnofobi, è di essere sostituiti da una macchina sul posto di lavoro, provocando nel soggetto affetto da questa fobia, disturbi mentali legati all’ansia.

Tuttavia questa paura non può e non deve fermare il progresso tecnologico, infatti, rifiutandosi di apprendere tali nuove conoscenze, si perde anche le possibilità ad esse collegate, e si rischia di esserne comunque travolti.
Al contrario di ciò che si pensa, questa fobia non è “figlia” dei moderni computer e di internet, infatti già nell’800, in Inghilterra si riscontrarono i primi sintomi della Tecnofobia, negli operai delle fabbriche tessili.
Questi, in segno di protesta, distrussero i nuovi macchinari per la produzione, acquistati dai datori di lavoro, per ottenere lavoro a basso costo.

Tuttavia, secondo Elon Musk, il noto imprenditore statunitense, fondatore di SpaceX, Tesla e PayPal, in un futuro non troppo remoto, le stesse macchine che oggi ci fanno paura, potrebbero consentirci di vivere senza lavorare e di dedicarci alle nostre passioni.
Una realtà in cui il lavoro è svolto quasi completamente da robot e software, che producono reddito al nostro posto.

Forse, il vero problema è che queste rivoluzioni tecnologiche stanno avvenendo nel giro di pochi anni, pertanto, la società non ha il tempo per metabolizzarli e riqualificare i lavoratori, soprattutto gli over 50.